Il libro si compone di 66 racconti, che consentono di compiere un viaggio nel tempo e nello spazio, dal 1925 al 1974. Tante le tappe: la vita a Cantiano (PU), l’Italia durante il fascismo, la dura prigionia a Brema, in Germania, passando per Beniaminowo, in Polonia, e ritorno.
La storia di una famiglia diventa il passepartout per conoscere le vite di tanti, perché le vicende sono talmente simili da accomunarli tutti. Ne esce lo spaccato di un’Italia che non voleva entrare in guerra e, quando succede, fa di tutto perché essa termini il prima possibile.
È anche la storia di un paese nelle Marche, finalmente coraggioso, che decise di combattere gli occupanti nazisti e si oppose alla collaborazione, rischiando di morire nelle battaglie partigiane e nel dramma della deportazione. Quel paese, tornata la pace, si mise subito al lavoro con grande entusiasmo, per ricostruire dalle rovine – non solo materiali – una grande e democratica comunità nazionale.
Quasi tutti i suoi abitanti avevano dei progetti ambiziosi. Il più realistico era trasformare un continente lacerato dalla guerra in un’Europa di pace.
Genre: FICTION / GeneralIl libro si compone di 66 racconti, che consentono di compiere un viaggio nel tempo e nello spazio, dal 1925 al 1974. Tante le tappe: la vita a Cantiano (PU), l’Italia durante il fascismo, la dura prigionia a Brema, in Germania, passando per Beniaminowo, in Polonia, e ritorno.
La storia di una famiglia diventa il passepartout per conoscere le vite di tanti, perché le vicende sono talmente simili da accomunarli tutti. Ne esce lo spaccato di un’Italia che non voleva entrare in guerra e, quando succede, fa di tutto perché essa termini il prima possibile.
È anche la storia di un paese nelle Marche, finalmente coraggioso, che decise di combattere gli occupanti nazisti e si oppose alla collaborazione, rischiando di morire nelle battaglie partigiane e nel dramma della deportazione. Quel paese, tornata la pace, si mise subito al lavoro con grande entusiasmo, per ricostruire dalle rovine – non solo materiali – una grande e democratica comunità nazionale.
Quasi tutti i suoi abitanti avevano dei progetti ambiziosi. Il più realistico era trasformare un continente lacerato dalla guerra in un’Europa di pace.
A nonno Costantino, per tutti Dandino, piaceva il vino.
Niente superalcolici, per carità, ma il vino sì. Come dargli torto, d’altronde.
Quando il Piave mormorava lui si beccò sei pallottole austriache, tre alla gamba sinistra e tre al braccio destro, rischiò di morire dissanguato e dopo quasi un anno trascorso all’ospeda militare di Padova, tornò a casa in piedi, ma con una mano fuori uso.
Poi lui faceva il carrettiere e un giorno, lavorando sotto il carro, si staccò la martinicchia (oggi freno), e finì con il braccio sinistro sotto la ruota. Si stritolò il polso e anche la mano sinistra era compromessa.
Perdendo completamente l’uso delle mani, con i tendini saltati e le dita bloccate, ebbe diritto a due modeste pensioni, una come invalido di guerra e l’altra come invalido del lavoro. Quindi succedeva che il giorno del ritiro degli assegni, incontrava - vedi un po’ - sempre gli amici, e i bicchieri fioccavano.
Era un modo per affogare il trauma profondo che le due vicende avevano lasciato nell’animo di un uomo mite e sensibile.
Nonna, donna tenace, capiva la situazione, ma non approvava il comportamento del marito, perché il vino in abbondanza non è certo salutare e soprattutto temeva che altri potessero approfittare della sua bonomia. E allora giù discussioni e reprimende che duravano per ore.
Il massimo del “conflitto” esplose quando, vedendo il marito tardare, nonna si recò all’osteria e, incurante della presenza di numerose persone, dette sfogo a tutta la sua rabbia.
«Adè, Dandì, vieni a casa, con me. Subito. Hai capito? Subito!»