La vita stessa by Francesco Franconeri

Giallo

La vita stessa

Vitaliate, marzo 1973.

In sole quarantotto ore quattro morti e una donna scomparsa.

Mauro, un ragazzo appena congedato dall’esercito, con la testa spappolata nel box di casa.

Un maturo sciupafemmine sgozzato in riva al fiume mentre pesca.

Enrica, giovane di buona famiglia, trovata di notte morta nella sua auto sul ciglio della provinciale.

E ancora, una vittima del mestiere la Luisita, stuprata e strangolata tra le immondizie di una discarica?

Di Giuliana invece si sa solo che è scomparsa. Nient’altro.

Un bel daffare per il flemmatico tenente Fincato dei carabinieri di Vitaliate, la cittadina dove tutti conoscono tutti. Ma dove alcuni si conoscono più di quanto vogliano far apparire.

Poco alla volta emerge un quadro inquietante: una presunta rete di pedofili e una meno presunta rete di scambisti. Lia, Daniela, Giuliana, Tina, Adriano, il Luna, tutti parlano, mentono, si dibattono tra contraddizioni e complicità. Tocca a Fincato scoprire quali storie morbose nascondono.

Genre: FICTION / Thrillers / Crime

Secondary Genre: FICTION / Noir

Language: Italian

Keywords: Giallo, thriller

Word Count: 35666

Sample text:

Difficile capire dove finisce l’acqua e dove comincia la nebbia.

Una nebbia fredda e bianca, luminosa per il sole che già la impregna. Sembra che aliti ogni tanto a fiotti più densi, gorgogliando: ma è il fiume che scorre ampio e costante sebbene lo si scorga solo a lembi improvvisi e fumosi ogni volta che l’argine sul quale i due pescatori camminano scende di colpo.

L’ultima piena ha appiccicato agli arbusti una melma grigia e viscida, lucida; e ai rami brandelli di plastica sporca, bianca, rosa e azzurrina. Bottiglie e altri detriti di latta e plastica spuntano tra i sassi e l’erba giallastra dove ogni tanto schizzano le sagome scure e umidicce dei ratti.

L’aria ha l’odore denso del fiume.

I rumori del traffico rimbombano dal ponte tuttora invisibile ma lontano non più di un centinaio di metri.

I due pescatori sono vestiti alla stessa maniera: giacconi verdi e cappucci di maglia, i lunghi stivali di gomma arrotolati alla moschettiera, le borse di tela a tracolla, e appesi al fianco i sacchetti con il loro brulicante contenuto di larve di mosca carnaria. Spuntano dalle borse le canne telescopiche.

Camminano senza parlare, uno avanti e l’altro dietro: ogni tanto quello che precede – più anziano, abbronzato in faccia – si ferma imitato dall’altro: guardano verso l’acqua che non si vede se non a tratti.

Il più giovane è piccolo e magro, con una faccia rotonda sotto il cappuccio verde – una faccia livida, d’un livido ancor più fondo sotto e intorno agli occhi.


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