Sedici racconti, altrettante finestre si aprono sull’infanzia e l’adolescenza di un giovane che cresce lungo le rive del/della Piave (ora maschile, ora femminile, a seconda delle situazioni), fra le persistenti locali tradizioni antiche e i cambiamenti tumultuosi che segnano gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso.
Piccole storie s’intrecciano con la grande Storia e riprendono vita attraverso gli occhi e la voce narrante del giovane protagonista, seguono il suo percorso di crescita, scandito dalla presenza costante del fiume con le sue rive, gli argini, le grave: un fluire che costituisce la cornice, il filo conduttore delle storie raccontate; un fluire che allude, accompagna, conduce al mare aperto della vita, segnandone la cadenza: “al ritmo dell’acqua che scorre”, appunto.
Genre: FICTION / General“Viva” qui non è interiezione bensì aggettivo. Sì, perché “Piave” è un nome femminile, reso maschio dalla poesia “Cadore” di Giosuè Carducci prima, dalla “Leggenda del Piave” di E.A. Mario/Giovanni Ermete Gaeta poi, ma nato femmina, come i nomi di altri fiumi poi maschilizzati (Brenta, per esempio). Noi da bambini sentivamo ancora pronunciare il nome proprio “Piave” al femminile, e lo si usava pure come nome comune, per indicare ogni corso d’acqua che quindi, comunque si chiamasse, veniva sempre declinato al femminile (“’na piave” stava per “un fiume”, Tagliamento, Livenza, Adige, diventavano altrettante “piave”; il Po era “’na piave granda”). La Piave era ancora piena di vita quando, bambino e adolescente, ne percorrevo la grava, le rive, l’argine nelle diverse stagioni: uccelli, pesci, insetti, cani e gatti domestici o inselvatichiti, bestie varie, piante, erbe, fiori, uomini e donne, giovani e vecchi, contadini, raccoglitori, pescatori, specialmente bambini a frotte popolavano gli spazi vicini al corso del fiume. La generazione del “baby boom” infatti, dopo la fine della guerra e la ricostruzione, animava le “sacre sponde”. Certo, da tempo si era interrotto il flusso dei burchi verso il mare. La Società ghiaia aveva chiuso e con essa si era interrotto lo storico andirivieni di barconi carichi di ghiaia, sassi e rocce diretti a Venezia. Prima ancora, di qua passava il grande traffico di zattere piene del legname che scendeva dai monti ed era destinato a Venezia (alle “Zattere”, appunto), per le costruzioni e per le navi. Il passato da queste parti doveva aver visto un gran pullulare di donne, uomini e animali: le une a convegno per lavare i panni al fiume, negli appositi spazi
Language | Status |
---|---|
English
|
Already translated.
Translated by Cristina García
|