Un monaco-guerriero percorre la penisola devastata dalla “Guerra Greco-Gotica”, combattendo le creature delle Tenebre e i servi del Male, confidando solo nella
protezione del Signore e nella forza della sua spada.
Questo cavaliere è Teofrasto di Bisanzio.
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Uno splendido dromone bizantino fece il suo ingresso nel porto di Tarentum, l’odierna Taranto, poco prima del tramonto, in un caldo pomeriggio di fine marzo dell’anno 563 dopo Cristo.
Gettata l’ancora e collocata un’ampia passerella tra la fiancata della nave e il molo, marinai, passeggeri e schiavi incominciarono a scendere a terra.
Il sole incendiava il cielo turchino e le onde marine rilucevano di riflessi dorati.
La lunga e sanguinosa Guerra Greco-Gotica era terminata dieci anni prima ma per pacificare l’intera penisola italica era stato necessario un intero decennio, anni duri e feroci, in cui i Bizantini avevano dovuto sottomettere, utilizzando la forza più bruta, la disperata resistenza degli ultimi e irriducibili ribelli goti, asserragliatisi a Conza, a Brescia e a Verona.
Dopo tutto quel tempo la città di Taranto, governata dall’apatico Eufemio di Sifno, mostrava ancora i vistosi e lugubri segni della terribile guerra, durante la quale era stata espugnata e conquistata tre volte: prima dai bizantini di Belisario, poi dai goti di Totila, quindi dai bizantini di Narsete.
Qua e là si vedevano cumuli di macerie, tra le quali giocherellavano bambini seminudi. Cani randagi e scheletrici si aggiravano, raspando, in cerca di qualche calcinato osso umano. Mura di case annerite dagli incendi, tronchi di alberi abbattuti, carcasse di navi semi-affondate e cenciose turbe di affamati che davano la caccia a sorci e a locuste, contribuivano a dare al porto tarantino un’atmosfera davvero spettrale.