Edoardo ha avuto tutto dalla vita: è uno scrittore promettente, affascinante al punto che ogni donna farebbe carte false pur di passare una notte in sua compagnia, eppure non sa amare, almeno fino a quando non incontra Carlotta. Lei è sgraziata, claudicante a causa di un difetto congenito alla gamba, insensibile al suo fascino ma molto intelligente. Edoardo ne resta folgorato. Tutta la sua esistenza si focalizza sulla continua ossessione di essere accettato da lei. Un'ossessione di cui non riesce più a fare a meno.
Racconto rosa di ambientazione storica con scene esplicite di sesso.
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2.879 pagine lette in ku.
I
Roma, giugno 1910
Enrico Astolfi mi guardava sornione, stravaccato sulla poltrona di velluto del suo lussuoso salotto.
Bloccò le mani, le cui dita tamburellava sul panciotto, per estrarre l’orologio dal taschino.
«Bene, signor Evangelisti, si è fatto davvero tardi e credo proprio che me ne andrò a letto.» disse, prima di agitare un campanello. «Bianca!» gridò con voce tonante.
Subito si affacciò sulla porta una timida e giovane cameriera. Da lontano non riuscivo a distinguerne con nitidezza il viso, colpa dei numerosi bicchierini di liquore che il padrone di casa mi aveva offerto durante la lunga chiacchierata.
Man mano che si avvicinava, però, le osservai le gambe, poi i fianchi, fino a salire ai seni di cui cercai d’immaginare la forma e le dimensioni.
Nulla da dire: era uno spettacolo di ragazza, un bel pezzo di carne fresca!
«Ditemi, signore.» domandò timorosa, forse a causa della mia presenza.
«Accompagna il nostro illustre ospite nella sua stanza.» comandò Enrico che, con difficoltà, cercava di sollevare la sua imponente mole dalla poltrona.
Io, invece, a parte la testa che sentivo leggera e la vista un po’ appannata, mi alzai con agilità, abituato alle bevute delle serate allegre.
«Ribadisco la gioia di avere in casa uno scrittore promettente come voi.» mi disse, stringendomi la mano. «Ah, che entusiasmo, un circolo letterario nella mia dimora! Con la mente sto già stilando una lista d’invitati per le piacevoli serate che verranno.»
«Vi ringrazio, signor Astolfi, ma non credo di meritare tutti questi onori.» dissi, mentre c’incamminammo insieme verso l’uscita della stanza.