La Prigionia del Cielo by Davide Cassia

Thriller con elementi paranormali

La prigionia del cielo

Ed Carini è il capo della polizia di San Patrizio e si trova a indagare su una serie di omicidi brutali riconducibili ad una vendetta meditata e studiata in ogni particolare. Parallela all’indagine, la sua vicenda sentimentale: a quarant’anni è in piena crisi di mezza età, con un matrimonio che va in pezzi, un’amante che cerca spazio e la sua famiglia che gli sfugge di mano.
Alex Carini è il figlio tredicenne di Ed, sognatore e artista, fin troppo strano. Saranno i suoi sogni – spettri che attraversano la sua stanza fluttuando a diverse altezze, convergendo in un unico punto in mezzo al bosco – a condurlo in mezzo a una storia di fantasmi e a un orribile delitto sepolto. Mentre a scuola deve imparare a farsi rispettare dai bulli e conquistare la bella Mara.
Ma sono solo visioni e incubi, come crede sua madre, oppure c’è qualcosa di vero? Perché lo psicanalista da cui lo mandano in cura è così sconvolto dalle sue confidenze?
Tra sedute spiritiche, incubi e visioni, vicende scabrose, tradimenti e corruzioni, ognuno dietro la tranquillità di San Patrizio ha qualcosa da nascondere.

Genre: FICTION / Mystery & Detective / Hard-Boiled

Secondary Genre: FICTION / Ghost

Language: Italian

Keywords: Thriller, fantasmi, mistero, investigazione, giallo

Word Count: 103985

Sample text:

Il vento ululava promesse di burrasca e la pioggia cadeva come se le cateratte del cielo avessero deciso di non chiudersi più. I pini e gli abeti si piegavano pericolosamente verso terra, come per inchinarsi all’indiscusso potere degli elementi. Il diluvio era fitto al punto che era quasi impossibile vedere a più di due o tre metri di distanza, e nemmeno i potenti lampioni della Statale 17 riuscivano a penetrare attraverso quelle sbarre d’acciaio liquido. Tuoni e fulmini cominciarono a rincorrersi sempre più dappresso e le saette, che illuminavano a giorno la piccola cittadina, erano seguite da un cupo fragore che faceva tremare le inferriate delle finestre.
Eppure, in mezzo a tutto quel finimondo, un’auto di piccola cilindrata arrancava lungo la statale. A bordo un giovane dall’aria stanca guidava con cautela, lo sguardo fisso sui piccoli torrenti che serpeggiavano sulla strada. Il tergicristallo danzava rumoroso sul parabrezza spazzando secchiate d’acqua.
La Ford svoltò in una strada secondaria, i piccoli fari rotondi ferirono la tenebra con lame di luce e disegnarono a malapena i contorni nebbiosi della via. Poi l’auto svoltò ancora a sinistra, immettendosi in una strada sterrata trasformata in un sentiero paludoso e informe. L’auto proseguì con decisione, sbandando solo impercettibilmente tra le pozzanghere melmose della via, e superò un grosso arco in legno. Da sopra l’arco pendeva un cartello in ferro mezzo rosicchiato dalla ruggine: “Tenuta Mariani”.
L’auto raggiunse una maestosa villa coloniale a due piani circondata da querce frondose, che stormivano parlando col vento; dalla tettoia della villa cadevano cascate d’acqua nera che si fondevano con la terra ormai satura.


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