Attraverso una narrazione concreta, Emiliano D'Alessandro, racconta l’oscura tragedia che ha visto come protagonisti dodicimila ragazzi del nostro regio esercito, i “figli di mamma” della Divisione Acqui del generale Antonio Gandin stanziata sull’isola di Cefalonia in Grecia.
Era il mese di settembre del 1943 quando si doveva decidere se cedere le armi ai tedeschi o “resistere” per onorare la Patria: prevalse l’idea che “sull’arma si cade ma non si cede”, e così avvenne!
Un affascinante reportage sul nostro passato, un’utile retrospettiva per mettere a fuoco un avvenimento che attende ancora di definire il proprio ruolo nella storia di quegli anni, ma anche la vicenda personale e umana di Salvatore Di Rado, ancora troppo giovane per morire, forse l’unico “superstite fucilato” della seconda guerra mondiale, testimone della propria odissea illuminata da un imprevisto amore tormentato, da un’amicizia che si consolida giorno dopo giorno e dalla visione di luoghi incantati.
Attraverso il protagonista, simbolo della gioventù sacrificata, abbandonata e infine dimenticata, il romanzo rievoca la storia italiana e una guerra sciagurata che il mondo sembra aver voluto dimenticare. Una singolare narrazione dove ogni vicenda ne ingoia un’altra, per poi precipitare e ribollire tutte insieme nel calderone caricaturale della storia ormai defraudata da un qualunquismo dilagante.
Un testo coinvolgente, che risveglia la coscienza civile, a tratti brillante e ironico, ma soprattutto un atto di verità che ricostruisce da un’angolazione inedita una tragedia mai abbastanza indagata.
Ottime vendite, sia in formato cartaceo che in Ebook, diversi premi e riconoscimenti, tra cui: Presidente della Repubblica Italiana e Premio Nobel per la letteratura Dario Fo.
«Feüer! Fuoco!»
Fu quella l’ultima parola che potei udire prima d’esser fucilato.
Sentii delle scariche di mitra, piccole e rapide raffiche, quasi fossero distanti da me anni luce.
Eppure soltanto pochi metri dividevano il mio esile e indebolito corpo da quegli arnesi bellici.
Riuscii, come un qualunque incurante spettatore, a rincorrere con lo sguardo le pallottole che mi avrebbero tolto la vita e quelle che avrebbero spezzato l’esistenza dei miei compagni: sembravano lanciate da una fionda caricata a piume.
Infatti, benché tutto apparisse alterato dalle forti emozioni, distinguevo nitidamente l’ogiva che, indolente ma sicura, percorreva spietata la traiettoria predisposta dal disciplinato sicario.
Le narici erano piene, sature d’un odore acre, forte, e tutta l’aria circostante era ormai impregnata di quel tanfo disgustoso. Non v’era angolo, nel raggio di centinaia di metri, dove non si potesse avvertire quel puzzo piccante di polvere da sparo.
Ti penetrava nella pelle, quasi la si poteva toccare.
Respirandola, era pressoché inevitabile non sentirla venir su per le narici come lama di rasoio ben affilata, che si spingeva fin dentro il cervello devastandolo e annientando gli ultimi ricordi di quella che si rivelava la nostra ultima battaglia.
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English
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Already translated.
Translated by Rosemary Dawn Allison
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Portuguese
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Already translated.
Translated by João Ulisses de Melo Filho
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Author review: Bravissimo quanto professionale e puntuale traduttore. Opera con una professionalità indiscussa. Le comunicazioni sono fluide, rapide e precise. Grazie ancora a questo grande professionista. |