La favolosa Hollywood degli anni ’30 si tinge di horror per un contagio ripugnante che si propaga grazie alla promiscuità dell’ambiente cinematografico. Le vittime mostrano un crescente bisogno di sangue, insieme a disturbi della personalità e bizzarri effetti collaterali.
Potrebbe mai trattarsi di vampirismo?
Lo sperimenteranno loro malgrado Oliver Hardy e Stan Laurel, trascinati in un incubo che coinvolge illustri colleghi – la “fidanzata d’America” Mary Pickford, l’atletico Douglas Fairbanks Sr. e Bela Lugosi – in una doppia vita da tenere nascosta alla legge, ai giornali e soprattutto al sinistro dottor Rainer Von Herb.
Tra pedinamenti notturni, profanazioni di tombe, sparizioni e ricatti sventati, le disavventure di Laurel e Hardy attireranno le indagini di un cocciuto tenente di polizia. Il duo incrocerà occultisti dispeptici e truffaldini, criminali di mezza tacca, cacciatori di vampiri e il terribile patriarca Arthur Jefferson, venuto dall’Inghilterra per restituire Stan Laurel al teatro.
L’azione si mescola all’umorismo nero in una black comedy che omaggia i miti del cinema attraverso una narrazione rapida e vivida.
Come la finzione del grande schermo, tutto si rivelerà molto diverso da ciò che appare. La spiegazione di ogni cosa giungerà in un convulso faccia a faccia con l’unico uomo a Los Angeles che conosce la vera natura del clan dei “notturni”.
«Okay, chi glielo spiega, adesso?»
«Io passo», fece Oliver, deciso. «Qualcosa mi dice che sarebbe poco entusiasta della notizia.»
«Babe, tocca a te e lo sai. Tra noi due sei stato il primo a diventare un vamp…»
«Ti proibisco di usare quella parola, Sant’Iddio! Non siamo certo dei personaggi da incubo e nemmeno dei mostri sanguinari, e nemmeno…»
«Okay, okay, ho capito, non siamo questo, non siamo quello…» Stan si lasciò andare a una risata maliziosa e triste. «Eccoci a fluttuare nel limbo dei “nonpiri”. Eh, ti piace questa definizione, Babe? Dillo a Fin che siamo tutti nonpiri.»
Con un grugnito, Hardy girò le spalle per tagliare corto la questione. «Piantala di dire sciocchezze e aspettami qua.»
La sua sagoma imponente scivolò nella stanza da letto, lasciando da solo Laurel ad accendersi una malinconica Pall Mall.
Nell’arco di due o tre boccate, l’attore sentì un parlottare esitante che assunse presto degli accenti nervosi. Infine, dopo l’esplosione di un sonoro «che cosa?» fece seguito un tonfo e un grido baritonale.
Stan sospirò, sollevando lo sguardo al cielo con rassegnazione. Schiacciò il mozzicone sul pavimento.
Ecco un altro occhio nero in arrivo.