Sullo sfondo è Milano, in primo piano la Sicilia: un viaggio nella terra d’origine che si prolunga fra i ricordi dell’età giovanile.
Un manager e, fra gli altri, una moglie, un professore di liceo, un nostalgico “mal di Sicilia”, ma anche una cosca mafiosa e il mare – uno Jonio più azzurro che mai, mitologico e reale – con indagini di polizia e finanza su traffici internazionali di armi.
E ancora antagonismi aziendali, un matrimonio in crisi, un delitto.
Tutto In Sicilia, un’estate
Massimo Polimeni, nato a Catania, è giornalista e dirigente d’azienda. Ha realizzato documentari per la RAI e diretto IN.TEA (Iniziative Teatrali). Ha vissuto a lungo all’estero (Seul, Tokio, New York), vive a Roma.
Genre: FICTION / GeneralChe tornare in Sicilia sarebbe stato un rischio, nelle condizioni di spirito in cui si trovava, Enrico lo sapeva bene. Voleva incontrare suo padre. L’uomo era caduto da una scala cercando alcune carte su un armadio: lui e la madre vi nascondevano i documenti più importanti.
Pura follia, aveva sempre pensato Enrico. Una battaglia persa tentare di far loro cambiare idea. Doveva vederlo di persona e sincerarsi delle sue condizioni. Aveva imparato a non fidarsi di quello che gli raccontavano i genitori, soprattutto suo padre che tendeva a minimizzare ogni problema per non creargli preoccupazioni.
Fortunatamente il padre, ultraottantenne, se l’era cavata con forti contusioni e qualche escoriazione. Enrico avrebbe voluto raccontargli i nuovi turbamenti da cui non riusciva a sciogliersi. Una volta messo piede nella sua Sicilia lui, Enrico Anastasio, quarantadue anni, sposato, due figli, si sentiva come impantanato. Era rimasto per almeno un paio di minuti davanti al portone di casa dei suoi genitori, guardando la pulsantiera dei citofoni. La targhetta con il nome di famiglia era sempre la stessa, con la scritta in rosso su un fondo oro. Cercava di sfuggire ai ricordi che riaffioravano, uno sull’altro. Fortunatamente erano talmente numerosi e sovrapposti che gli era difficile focalizzarsi su qualcosa di specifico e abbandonare la mente al proprio lavoro di ricostruzione. Si sarebbe dovuto concentrare almeno un po’. Non lo fece deliberatamente. Toccò il pulsante e attese che la madre rispondesse. Sentiva forte il bisogno di confidarsi con il padre e finalmente ne aveva la possibilità. Lo aveva trovato in attesa all’ingresso, in piedi, appoggiato a un bastone. Si era intenerito alla vista di quel vecchio così profondamente dignitoso e forte, di una coerenza immarcescibile, sopravvissuto al decadimento morale delle generazioni a lui successive.