E’ un caldo mattino piovoso di novembre quando Rocco Di Maggio, un ex poliziotto che sbarca il lunario come investigatore privato, viene convocato urgentemente dalla moglie di un facoltoso notaio. La donna lo incarica di scoprire la verità sulla morte del marito, ritrovato nudo dentro il letto di una prostituta e con il cranio spappolato da una pallottola di grosso calibro. Il caso, dietro pressione della potente famiglia del notaio, che teme uno scandalo, è stato archiviato in fretta e furia e liquidato dagli investigatori come suicidio.
Di Maggio accetta l’incarico. Unica, labile traccia, la sparizione contemporanea al suicidio di una ragazzina di quattordici anni, orfana di una ballerina di night morta anni addietro in modo misterioso. La bimba, di una bellezza straordinaria, era stata adottata da una famiglia di operai che vive nei condomini del quartiere popolare, e sembra avere avuto un legame particolare con il notaio.
Seguendo la pista, Di Maggio si trova a scavare tra prostitute, locali ambigui, rampolli viziati dell’alta società, finanzieri senza scrupoli e donne compiacenti, fino a che finisce per incrociare la strada con quella del Corso, un killer che opera per conto di un fantomatico clan chiamato “il grande buio”.
Ma che cos’è veramente “il grande buio”? Una leggenda metropolitana frutto di fantasie oppure il potere occulto le cui radici si ramificano come tentacoli in ogni settore della città? O ancora, molto più semplicemente l’insegna di un tranquillo circolo di poker? E che cosa c’entra quella ragazzina con tutto questo?
Sullo sfondo di una città di mare, intossicata dal fumo nero delle acciaierie, Di Maggio svolge la sua prima indagine, immersa nell’atmosfera cupa e viziosa di una società corrotta, dove nessuno sembra essere innocente.
Genre: FICTION / CrimeHo ammazzato un uomo una volta. Non avrei mai voluto farlo, ma l’ho ammazzato. Quel tipo aveva appena sgozzato una donna e se ne stava andando via, tranquillo, come se avesse fatto la cosa più naturale del mondo. Ero nella polizia a quei tempi. Mi trovavo di ronda nei paraggi quando qual- cuno mi ha chiamato perché aveva sentito degli urli provenire dall’appartamento su in alto. Sono entrato e ho trovato quell’uomo chino sul cadavere con il coltello in mano, in mez- zo a un lago di sangue. Senza dire una parola si è alzato e si è diretto verso la porta, con calma. Sembrava non avesse fret- ta. Gli ho urlato di fermarsi puntandogli la pistola contro, ma lui non ne ha voluto sapere di farlo. Gli ho detto che gli avrei sparato. Allora lui si è girato verso di me e mi ha guar- dato negli occhi; non sembrava dispiaciuto se lo avessi fatto.
Un po’ di tempo dopo hanno scoperto che quel tizio ne aveva già sgozzate altre quattro, nei dintorni. Non avrei mai creduto che anche nella nostra piccola città potessero succedere fatti di questo tipo. Che le cose potessero cambiare fino a que- sto punto, voglio dire. C’è chi dà la colpa agli immigrati, chi alla droga e chi ai soldi. La verità è che quel tipo non aveva nessuno di questi motivi per uccidere tutte quelle donne. Lo faceva per divertimento, mi disse prima di morire.
Mi è capitato spesso di ripensare a quell’uomo, in seguito. Ancora oggi non riesco a darmi nessuna spiegazione, se non quella che esista il demonio. E che il demonio fosse arrivato anche nella nostra città.
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English
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Translation in progress.
Translated by Lia Garcia
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