Un viaggio tra l’Estremo Oriente e il Vicino Oriente alla ricerca di una storia dimenticata. Quali influenze e contatti ebbe l’India più antica, la civiltà dell’Indo, con i popoli sumeri, gli Hittiti, i Mitanni e il popolo ebraico? Attingendo alle fonti storiche Enrico Baccarini e Andrea Di Lenardo hanno tracciato una linea che unisce queste civiltà e le loro conoscenze delineando un quadro che potrebbe riscrivere il nostro passato. Un’ipotesi suffragata dalla storia e dai documenti più antichi dell’umanità, un viaggio attraverso 5000 anni di storia sepolta dal tempo e dalla memoria. Chi fu Abramo, colui che Voltaire stesso indicò come un esule indiano? Perché la cosiddetta Stella di David si trova in India e Giappone secoli prima la sua comparsa in Israele? Da dove proveniva l’oscuro popolo degli Hittiti? Non basta conoscere una lingua, o esser capaci di tradurla, per penetrare nel suo spirito. Non basta essere eruditi di una tradizione o di una “sapienza” per poter dire di conoscerla. Talvolta l'esclusivismo di certi orientalisti è stato così radicale da averli spinti a credersi capaci di comprendere le dottrine orientali meglio degli Orientali stessi.
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La civiltà Harappa
All’alba dei tempi una civiltà fiorì nelle terre che oggi ospitano la parte nord del subcontinente indiano e il Pakistan. Questa terra diede i natali alla cultura Harappa, detta anche della Valle dell’Indo, nata verso tra il 4000 a.C. (conosciuta come civiltà
Harappa Antica o Early Harappa, collegata con gli insediamenti di
Mehrgarh databile al 7.000 a.C.) e il 3600 a.C.,
estesa più della Mesopotamia, dell’Egitto, della Persia e che, per motivi del tutto
ancora oscuri e sconosciuti,
scomparve senza alcuna spiegazione
indicativamente tra il 1900 e il 1600 a.C. Di lei possediamo non meno di 1052 città, resti archeologici, che si pongono come muti
testimoni di un passato glorioso e del tutto dimenticato.
Riscoperta tra la fine dell’800 e i primordi degli anni ’20 del XX
secolo, nei suoi insediamenti sono state rinvenute decine di migliaia di sigilli (prevalentemente di steatite) con impressi disegni di varia natura ma soprattutto migliaia di tavolette di argilla con impressa una scrittura che ancora oggi, a distanza di non meno di
4000 anni, sfida qualsiasi traduzione.
Dimenticata e perduta, la sua esistenza si perse nel tempo e iniziò ad essere inglobata dal deserto che inesorabilmente cominciò ad avanzare e a sommergerla. La tesi ufficiale, sostenuta dall’archeologia accademica, imputa al progressivo diminuire delle piogge la fine di questa civiltà. L’inarrestabile diminuzione dei flussi d’acqua avrebbe reso impossibile coltivare la terra spingendo queste popolazioni a spostarsi altrove. A oggi, però, non è stata trovata alcuna traccia dei luoghi dove poterono dirigersi.