Il figlio di Teresa era uno dei tanti IMI (Internati Militari Italiani), soldati che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 furono deportati nei territori del Terzo Reich e condannati a lavorare nei Lager nazisti per non aver aderito alla Repubblica di Salò e a Hitler.
Quando mamma Teresa viene a sapere della morte del figlio, impazzisce per il dolore, ma la sofferenza più grande è quella di non conoscere il luogo dove è stato sepolto. La madre impiega ben cinque anni per ottenere i documenti per l’estero, eppure il suo calvario è solo all’inizio. Da Bova di Marrara (Ferrara) arriva in Germania, da sola, senza sapere una parola di tedesco e con pochissimi soldi. Il viaggio è lungo e tortuoso, e Teresa lo racconta in un diario, che è una testimonianza unica ed eccezionale. Quello stesso diario che ora, tramite i suoi familiari, è arrivato nelle mani dell’autrice che ne eredita così le memorie.
Genre: HISTORY / GeneralEra settembre. Sono partita presto un sabato mattina per Padova, alcuni impegni e un appuntamento al Museo Nazionale dell’Internamento. Con l’amica Barbara dovevo fotografare alcuni oggetti nelle vetrine e parlare con una persona al museo del libro di Turchetto – il nonno di Barbara – che stavo preparando. La giornata non era delle migliori, la stanchezza di una settimana noiosa si era accumulata e onestamente non vedevo l’ora di rientrare. Giriamo tra le vetrine, scattiamo foto, decidiamo quali inserire nel volume: un lavoro fatto e disfatto più volte, forse siamo poco convinte o forse c’è troppo materiale tra cui scegliere. Io ho fretta di chiudere quel volume così corposo che mi ha portato via molto tempo e tante energie e accolgo di malavoglia la richiesta di Barbara di andare al vicino Tempio dell’Internato. A lei non sfugge il mio sbuffare, ma andiamo: vuole vedere se può inserire una marmetta a ricordo del nonno.
Entriamo e io mi dirigo alla cappella dell’Internato Ignoto: qualche pensiero in più si presenta, sento la necessità di andarmene, mi giro di scatto e mi appare una scritta: ZERBINI ANADAGE 19 GENNAIO 1944 FERRARA.
Penso di aver visto un fantasma, ho una sensazione incredibile; mio zio si chiama così, ma è vivo e vegeto a Treviso. Però, un nome così, un’omonimia così sfacciata, stessa città poi. Barbara mi guarda e mi chiede se mi sento bene. «Hai una faccia strana», aggiunge.Ecco, il mio viaggio inizia qui un sabato di settembre di qualche anno fa, inizia quando qualcuno decide che dovrò occuparmi di questa storia familiare rimasta decenni sepolta in una soffitta.
Language | Status |
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English
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Translation in progress.
Translated by Linda McCall
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