Attraverso venti racconti, l'autore ci fa vivere personaggi vividi, profumi inebrianti e sapori antichi tracciando un dipinto della sua gioventù in terra di Sicilia. Da queste pagine traspira la voce debole del Sud, soffocata dal torpore della rassegnazione e della malinconia ma anche dall'amore per un tempo passato, per una terra povera e sanguigna, sfinita e ferita dalle piaghe della povertà, dell'ingiustizia e dell'emigrazione ma sempre viva nel ricordo di chi l'ha lasciata. E questo ricordo si fissa nella mente e si deposita nel cuore quasi a formare un residuo emotivo che trabocca e straripa sotto forma di parole, di pensieri e di immagini di un tempo, di un giorno o di un attimo che è stato vissuto e che ancora riesce a regalare emozioni.
Genre: FICTION / Short Stories (single author)Il libro è stato recentemente presentato in Italia riscuotendo già un discreto successo. I racconti, lineari, intimi, poetici squarciano l'anima di tanti emigrati che si sono rivisti nelle storie narrate.
A sei mesi dall'uscita si contano già più di 500 copie cartacee vendute ed un numero leggermente inferiore in ebook.
la traduzione in lingua potrebbe essere foriera di un boom soprattutto nei paese ad alta immigrazione italiana (USA e Sudamerica) ma anche nel resto d'Europa, Cina e Giappone per l'alto valore narrativo dei racconti.
SALICARIA
C’era poi làssu in paese, nascosto dal guardo indiscreto, un posto, un luogo non comune, dove i fuochi dell’Etna lontana bruciavano il cielo e le sue ceneri spinte dallo scirocco planavano leggere a inargentare le rupi e l’asfalto discontinuo e strappato della strada che l’attraversava. Lì, a Salicaria, il tempo si fermava, il paese finiva ma non c’era più povertà, nè desolazione, né tristezza, né grida, né dolore. Solo una strada sfasciata che la percorreva, qualche mulo stanco che tornava dalla campagna. L’odore di Salicaria permeava le narici e alitava al cuore sensazioni buone, era tenue, delicato, misto di violette e menta, di polvere, di erba, di ortica, di infinito. C’era la valle laggiù e forse anche il fiume, c’era la murazzata di S.Francesco, c’era la discesa di S. Nicola, c’era una fontana d’acqua fresca, c’era un viandante. La sera poi, il rito della passeggiata, era espiazione, era purificazione e liberazione dalle fatiche quotidiane, le lucciole illuminavano il cammino e solo il battere cadenzato dei passi alterava il silenzio. C’era Longi là in basso che sembrava una stella di luce aggrappata alla montagna e c’era il vociare dei Misirri, impercettibile, impalpabile. Solo, lui, il cane bastardo di Don Calorio Tudisco, latrava. Era triste, forse si sentiva solo, ed allora abbaiava alle genti lontane e poi, man mano che si avvicinavano, lui si calmava, sgusciava via, poi tornava mestamente, e ti fissava dilatando le sue pupille nere e accese come il carbone, talvolta piangeva. Mi portavo, nascosto tra le tasche un pezzo di pane, glielo tiravo oltre la rete, lo addentava in volo e poi se ne ritornava silente nel casotto, chissà che pensava il cane di don Calorio Tudisco.
Language | Status |
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Arabic
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Translation in progress.
Translated by Hebat-Allah El Ashmawy
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Norwegian
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Already translated.
Translated by Øyvind Svendsen
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Author review: Lavoro eccellente. un vero piacere lavorare con lui! |
Romanian
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Translation in progress.
Translated by Beatrice Scortea
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